Mattia (Alessandro Siani), l'indolente meridionale tutto spiaggia e napoletaneità, vive un periodo difficile con la sua amata (Valentina Lodovini), si lasciano, e lui, per un gioco degli equivoci, viene trasferito nella grigia Milano. Il sequel del fortunato "Benvenuti al Sud" ribalta le parti, e a dover combattere pregiudizi e stereotipi - ma innescandone di nuovi e consunti - questa volta è Mattia.
Il nuovo corso della commedia italiana, che vuole distaccarsi dal parente cattivo del cinepanettone, ha imbastito una prolifica produzione di opere piacione, tronfie di buoni sentimenti e luoghi comuni come-se-piovesse (i vari "Immaturi", "Femmine contro maschi", ecc). La volgarità è messa al bando in favore del perbenismo militante. Questo nuovo filone è diventato il punto di riferimento per quella middle-class che vuole affrancarsi dalla rozza plebaglia che guarda il cinepanettone. Cosicché sono state partorite in serie commedie pudiche ed educate destinate a quello spettatore-massa che cerca nel cinema la stessa evasione che gli regala lo schermo televisivo, ma che fugge dall'impudicizia dei Vanzina & co. come da una malattia contagiosa.
Appartiene a questa nuova frontiera della commedia "Benvenuti al nord", un film in cui le idee latitano e, se il primo tentativo di "Benvenuti al sud" può apparire come un esercizio garbato, il suo sequel perde di qualsiasi generosa attenuante. Scriveva Musil in tempi non sospetti: "Ci interessiamo troppo poco di quello che accade, ma troppo della persona alla quale, del luogo dove, e del tempo in cui la cosa accade, di modo che non lo spirito dell'avvenimento ci importa, ma la sua favola, non il rivelarsi di un nuovo contenuto della vita, ma la distribuzione di quello vecchio, il che corrisponde proprio alla differenza tra le belle commedie e le commedie che hanno solo successo". E "Benvenuti al nord" è una commedia che ha successo (come altre) proprio perché, svuotata di contenuto espressivo, sdogana quegli elementi (sentimentalismi e affini) grazie ai quali tutti - dalla casalinga di Canicattì, alla donna in carriera e modaiola della Milano-da-bere, al trentenne immaturo - hanno la loro favola bella da vivere in pellicola. Non serve dire che gli anni 60-70 sembrano un sogno infranto.
Uniche note positive, che fanno fatica a rifulgere nel buio, sono Paolo Rossi in versione simil Brunetta con golfino alla Marchionne e Angela Finocchiaro nelle doppie vesti di moglie e suocera di Alberto (Claudio Bisio). Il nuovo lavoro di Miniero esprime tutta la sua potenzialità di bignami dei topoi in cui non ci si fa mancare niente. La nebbia di Milano, l'efficienza degli impiegati postali del nord, la gag del pesciolino rosso e gli happy hours ci accompagnano verso la riconciliazione finale, in cui si scopre che anche al nord si conosce il valore della generosità e non si pensa solo-al-lavoro e, nel contempo, anche uno scapestrato meridionale, con un po' di impegno, può imparare l'importanza della stabilità impiegatizia. L'unità è fatta; ma manca il film. Perché viene difficile pensare come film una giustapposizione di gag televisive che nella perversa coazione al luogo comune smettono di far ridere. Emma Marrone ci canta il finale. Strizzato l'occhio alle famiglie, ne resta l'unto e il bisunto.
cast:
Claudio Bisio, Angela Finocchiaro, Alessandro Siani, Valentina Lodovini, Nando Paone, Giacomo Rizzo, Paolo Rossi
regia:
Luca Miniero
distribuzione:
Medusa film
durata:
110'
produzione:
Medusa film, Cattleya
sceneggiatura:
Luca Miniero, Fabio Bonifacci
fotografia:
Paolo Carnera
montaggio:
Valentina Mariani
musiche:
Umberto Scipione