Quattro coppie di amici e tre bambini,
middle-class iraniana, in una casa sulla spiaggia del mar Caspio. Due coppie sono marito e moglie, una coppia fratello e sorella, e la quarta è quella che dovrebbe formarsi al termine del weekend. Perché Sepideh (Golshifteh Farahani) porta con sé la giovane maestra dei propri figli, Elly (Taraneh Alidoosti), per presentarla all'amico Ahmad (Shahab Hosseini). Elly, la misteriosa Elly, l'estranea, timida, introversa Elly che deve guadagnarsi l'approvazione generale. Tutti gli altri infatti si frequentano dai tempi dell'università, mentre Elly conosce soltanto Sepideh, ed è lì per incontrare Ahmad, un giovane che vive in Germania e ha da poco divorziato. Tra i due sembrano esserci buoni presupposti, ma improvvisamente, la calma e la tranquillità del fine settimana vengono interrotti dalla scomparsa della stessa Elly.
Nonostante un inizio poco convincente, dove i toni sembrano quelli di una declinazione per nulla promettente e mal riuscita de "Il grande freddo", o almeno di una rilettura di film corale con vecchi amici che si ritrovano, la storia perviene improvvisamente ad un
turning point (la scomparsa di una ragazza, simile peraltro al presupposto narrativo de "
L'avventura"), che trasforma l'intero film in un dramma potente, controllato, incisivo, pervaso da una forza drammaturgica quasi
pinteriana. L'impostazione del film è infatti prevalentemente teatrale: gli interni della villa spoglia e leggermente fatiscente, la riva del mare, e poco altro. Un terzo del film, quindi, quell'inizio che fa storcere il naso, con colori chiari, atmosfere ludiche, chiacchiere vuote, giochi di gruppo, e cene allegre, che lascia spazio ai grigi e ai colori freddi della seconda angosciosa parte, dove Asghar Farhadi, autore anche della sceneggiatura, cala finalmente l'asso che evidentemente nascondeva nella manica e dà inizio al vero svolgimento drammatico dell'opera.
La forza del film è inevitabilmente nei personaggi e soprattutto nella verosimiglianza con cui l'intero evento viene sviluppato. Dai preparativi e le pulizie della casa, i dialoghi e l'umorismo conviviale, fino alle reazioni della seconda parte del film, le discussioni, le tensioni, il dramma. Farhadi evita di cadere nella facile tentazione di caratterizzare qualche personaggio in modo peculiare o di farlo prevalere sugli altri. Certo, c'è Elly con la sua introversione che sembra nascondere qualcosa, c'è Sepideh che tiene unita la compagnia, c'è Ahmad che viene preso in giro dagli amici, ma nessuno mette in ombra nessun altro, e l'impressione è quella di trovarsi davanti a persone in carne e ossa.
La regia è perfetta nel caricare la tensione (camera a mano, inquadrature concitate) quando serve, cambiare atmosfera e registro, e nello spezzare i momenti dei dialoghi, coordinando un cast di attori perfetti e credibili dal primo all'ultimo, dove ogni gesto, tono di voce e sguardo sfiorano implacabilmente un realismo palpabile. La sceneggiatura è attentamente costruita con piccoli colpi di scena quasi silenziosi, discreti, e che compongono l'intero quadro di una vicenda tutto sommato semplice, a conti fatti quasi banale, decisamente tragica. Nessun strepitoso
coup de théâtre, dunque, ma la rivelazione della verità per piccoli tratti, in un ansioso crescendo drammatico di fatti innocui, e l'accumularsi della tensione tra i diversi protagonisti. La biasimata prima parte costituisce allora, alla luce del resto, le fondamenta essenziali allo svilupparsi della vicenda, e l'apparente mancanza di caratterizzazione dei personaggi trova la sua ragione d'essere nella reazione del gruppo intero, mai omogeneo, sempre in contrasto. Tutto ruota attorno ad Elly, a supposizioni, illazioni, speculazioni, giudizi e verdetti su di lei e la sua scomparsa: tutto ruota a attorno ad un personaggio che non c'è.
La verità, allora, quella verità su Elly che Sepideh (la bravissima Golshifteh Farahani) pare conoscere e non voler rivelare nonostante la pressione degli amici. Il peso della verità e quello delle convenzioni della società iraniana, dei rapporti tra marito e moglie, uomo e donna, il senso del
tarouf, una
politeness persiana tutta da interpretare e generatrice di piccoli equivoci, colpe da spartirsi, detto e non detto, onore e vergogna, il decidere la cosa giusta da fare: sono questi i temi che ritroviamo nell'affresco della moderna classe media iraniana di Farhadi. Film che merita di essere visto non tanto per curiosità sociologica, quanto per la forza espressiva e drammatica, e il realismo di un racconto sul senso della verità e del giusto peso delle cose, che in ultima analisi assume un respiro di carattere universale.
03/08/2009